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LE FOTOGRAFIE IN PSICOTERAPIA: QUANDO LE PAROLE NON BASTANO

Quando in psicoterapia le parole non bastano ad accedere a un vissuto profondo, a un ricordo sepolto, quando c’è bisogno di un canale diverso da quello verbale per parlare di sé, un valido strumento all’interno dello spazio terapeutico possono essere le FOTOGRAFIE.
A volte è stesso il paziente che ce le porta, foto di sé, della propria famiglia o di qualcuno che non c’è più. Altre siamo noi terapeuti che invitiamo a portarle in seduta per lavorarci insieme.
Come si utilizzano le fotografie in psicoterapia?
Judy Weiser, psicologa e arte terapeuta canadese, ha dedicato la sua carriera alla ricerca in questo campo, arrivando a tracciare delle linee guida per l’utilizzo delle fotografie in psicoterapia.
Eccone alcuni esempi.
Si possono utilizzare fotografie in modo proiettivo, cioè facendo esplorare l’immagine di alcune foto portate dal terapeuta, sulle quali il paziente proietterà i propri vissuti, i propri temi di vita.
Fotografie del paziente scattate da altri. Queste aiutano nel racconto della propria storia, delle relazioni con gli altri, della percezione di sé nel corso del tempo.
Fotografie scattate dal paziente per approfondire un tema su cui si sta lavorando in terapia.
Album di famiglia, per esplorare le relazioni e le dinamiche familiari.
L’autoritratto, per guardare sé stessi senza il feedback degli altri, lavorando sulla percezione e l’accettazione di sé.
Le fotografie in psicoterapia sono un potente mezzo di comunicazione con se stessi, ma anche col terapeuta, esse toccano parti del nostro mondo interiore in un modo che a volte le parole da sole non possono raggiungere.